Celidonia: storia, tradizioni popolari e linguaggio dei fiori

celidonia
Celidonia

La celidonia è una pianta appartenente alla famiglia delle papaveracee, originaria del continente europeo, diffusa in modo particolare nel bacino mediterraneo, dove cresce spontanea lungo i fossati e nei pressi di ruderi abbandonati, ed è conosciuta anche con il nome di erba porraia.

La pianta di celidonia è facilmente riconoscibile perché spezzandone un rametto, staccando una foglia o recidendone un fiore, fuoriesce un lattice di colore giallo rossastro. Ha delle foglie simili, per forma, a quelle della quercia ed i fiori, composti da quattro petali di forma ovale, di colore giallo. Produce anche dei frutti di forma sferica che si formano in basso e risalgono verso l’alto man mano che si maturano.[banner]

Storia e simbologia

Il genere della celidonia comprende un’unica specie la chelidonium majus, nome che deriva dal termine greco chelidon che significa rondine, l’origine del nome è probabilmente dovuta al fatto che il periodo di fioritura della pianta è la primavera che coincide con la comparsa delle rondini.

Alla genesi del nome sono legate diverse leggende, secondo una di queste si narra che le rondini abbiano l’abitudine di strofinarne sugli occhi, ancora chiusi, dei loro piccoli, alcuni rametti di celidonia per favorirne l’apertura. Tale leggenda era nota anche ai tempi di Plinio il quale precisava che oltre a far aprire gli occhi ai nuovi nati, la celidonia era usata dalle rondini anche per curare gli occhi e render la vista, nel caso in cui gli occhi dei piccoli fossero stati accecati.

Chelidonium majus

La precisazione di Plinio trovava fondamento in un’altra credenza popolare quella secondo la quale le rondini adulte prima di allontanarsi dal nido, per cercare del cibo, cavassero gli occhi ai piccoli per non farli muovere e cadere. Quando i piccoli, infine, crescevano le rondini adulte portavano al nido i rametti de celidonia per curarli e fargli recuperare la vista. La curiosità delle sopracitate credenze popolari sta nel fatto che anche nel nord della Russia si pensava che le rondini usassero la celidonia, anche se in questo caso si supponeva che le rondini portassero la celidonia al nido, non per curare gli occhi dei piccoli ma, per dar loro il nutrimento necessario fino all’inizio delle migrazioni autunnali. Traendo spunto dalle leggende sulle rondini, in passato gli antichi usavano la celidonia per curare le infiammazioni degli occhi.

Il laboratorio dell'Alchimista, Giovanni Stradano (1523 - 1605)
Il laboratorio dell’Alchimista, Giovanni Stradano (1523 – 1605)

Il nome celidonia secondo altri studiosi deriverebbe, invece, dal termine latino caeli donum che letteralmente significa dono del cielo, questa teoria sarebbe avvalorata del fatto che durante il medioevo la celidonia era considerata dagli alchimisti una delle piante essenziali per la fabbricazione della pietra filosofale, dotata quindi di poteri soprannaturali. Inoltre, sempre in epoca medioevale era considerata come una delle erbe magiche di San Giovanni, una pianta con la quale potevano essere preparati oli, sali e talismani da utilizzare durante i rituali. Si narra che la pianta avesse la proprietà di “far vedere la luce” ovvero, spiritualizzando il concetto, potesse far vedere la luce interiore.

Martirio di Santa Apollonia
Martirio di Santa Apollonia

In Friuli secondo la tradizione popolare è nota come “erba di Santa Apollonia”, la santa che protegge i denti, tra le varie leggende, infatti, c’è anche quella secondo la quale una goccia di latice di celidonia posta sopra un dente cariato è in grado di placarne il dolore.

Essendo, infine, una pianta primaverile dai fiori di colore giallo era ritenuta indice della benevolenza degli Dei. Per sapere se durante l’estate i raccolti avessero dato i frutti sperati, si attendeva che sbocciassero i fiori di celidonia come segno di buon auspicio.

Nel linguaggio dei fiori e delle piante la celidonia simboleggia il preannunciarsi di un lieto evento e la fine delle sofferenze.

 

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