Calendula: storia, leggende e linguaggio dei fiori

Calendula
Calendula

La calendula, appartiene al genere delle asteraceae della famiglia delle composite, è una pianta annuale che cresce spontanea in tutta l’area mediterranea, dove fu importata dal Nord Africa e dall’Asia mediorientale. Generalmente viene chiamata calendula officinalis, nome attribuitogli già al tempo dei greci ma, la pianta deriva in realtà dalla calendula arvensis. Sull’etimologia del nome calendula esistono pareri differenti, secondo alcuni il termine deriva dalla parola latina calendae che significa primo giorno del mese, questo significato potrebbe derivare da un’antica allusione allo scorrere del tempo, i semi della calendula, infatti, somigliano ai piccoli quarti di luna che compaiono una volta al mese. Secondo un’altra teoria il termine calendula deriva, invece, dalla parola greca kàlanthos che significa coppa o cesta, in questo caso il nome sarebbe riferito alla forma del fiore.

I fiori della calendula sono molto simili alle margherite ma di dimensioni maggiori e con petali di colore giallo-arancio con il centro di color porpora. La fioritura avviene in estate e si prolunga fino ai primi freddi autunnali.[banner]

Storia e simbologia

La calendula è un fiore ricco di storia e simbologia ed è citata in moltissimi testi greci. Molti antichi scrittori, però, il più delle volte, la scambiavano con il chrysanthemum (crisantemo) chiamandola pianta dai fiori d’oro. Sia per i greci che per i latini, il fatto che i fiori si aprissero al mattino per richiudersi al tramonto, era considerato un simbolo di sottomissione e di dolore per la scomparsa del sole, questa credenza ha fatto si che la calendula sia stata associata nel corso dei secoli ai sentimenti di dolore, noia e pena.

Venere e Adone, 1794; Antonio Canova (1757-1822)
Venere e Adone, 1794; Antonio Canova (1757-1822)

L’associazione della calendula al sentimento del dolore compare ed è ben esplicitato anche nella mitologia greca, secondo la leggenda, infatti, la calendula nacque dalle lacrime della dea Afrodite (Venere per i latini) disperata per la morte del suo amante, Adone che era stato trafitto da un cinghiale mandatogli contro da Ares (Marte per latini), suo gelosissimo marito.

La sopracitata leggenda ha anche un’altra versione, latina, decisamente più completa ma che non muta il significato della calendula. Si narra che, Adone figlio di Mirra e Tia, venne cresciuto da Venere (Afrodite) poiché la madre (Mirra) era stata trasformata, dagli Dei, in un albero, per punizione. Venere che vedeva il giovane crescere rimaneva sempre più incantata dalla sua bellezza, tanto da suscitare le ire del marito, Marte, il quale decise di mandare contro al giovane un cinghiale, affinché lo ferisse mortalmente.

Venere e Adone, 1553; Tiziano (1483 - 1576)
Venere e Adone, 1553; Tiziano (1483 – 1576)

Adone venne ferito, ma Venere per proteggerlo lo fece nascondere all’interno di una cassa e lo affidò alle cure di Proserpina, la regina degli Inferi. Proserpina, però, incuriosita dal contenuto della cassa, decise un giorno di aprirla e, alla vista di Adone, s’innamorò anch’essa del bel giovane. Qualche tempo dopo Venere chiese a Proserpina di restituirle la cassa, ma questa si rifiutò e Venere, irritata dal rifiuto, chiese aiuto a tutti gli Dei dell’Olimpo. Un giorno Zeus, stanco della disputa venutasi a creare tra le due Dee, decise che il giovane Adone dovesse trascorrere una parte dell’anno con Venere, tra i vivi, e l’altra con Proserpina, tra i morti. Nel momento del passaggio tra la morte e la vita, però, dalla ferita di Adone iniziò a fuoriuscire del sangue, che toccando il terreno fece crescere una pianta chiamata Adonis, mentre dalla lacrime versate da Venere, nel momento in cui il giovane tornava negli inferi, si generò una pianta di calendula che, come Adone, sarebbe stata destinata a periodi di vita alternati a periodi di morte. Per la credenza che la calendula fosse un simbolo di dispiacere, nell’antica Grecia, ogni raffigurazione di dolore veniva rappresentata con un giovane che portava con sé una corona di calendule.

Campo di calendule

Nonostante la distanza tra il continente europeo e quello americano, anche in America meridionale la calendula è da sempre stato considerato un simbolo di dolore, in particolare per i messicani è il fiore simbolo della morte, una leggenda narra che le calendule, portate dai conquistatori, si siano sviluppate e diffuse nel territorio messicano a causa del sangue versato dagli indigeni, vittime della corsa alla conquista dell’oro da parte dei bianchi.

Per gli inglesi le calendule rappresentano, invece, il sentimento della gelosia, secondo le credenza popolari esse sono delle zitelle che, non essendo mai state amate da nessuno, alla loro morte si trasformano in calendule gialle dalla rabbia.

In Germania viene chiamata kuhblume ed è tradizionalmente usata nel periodo della Pentecoste per adornare i bovini durante la Pfingst Procession.

Oltre che per i suoi vari significati e per le leggende che la circondano la calenula era nota agli antichi anche per le sue proprietà terapeutiche, come ai giorni nostri estratti di calendula venivano adoperati come emollienti e per lenire i fastidi di infiammazioni e irritazioni. Ancora oggi la gran parte dei prodotti, in commercio, per la cura del corpo sono realizzati sfruttando le proprietà della calendula.

Calendula essiccata

Nel medioevo si scoprì anche l’uso decorativo della calendula, essendo adeguatamente essiccata, infatti, è uno dei pochi fiori che non subisce nessuna degradazione di colore rimanendo di un giallo intenso per molti anni, è per questo che da allora ad oggi è uno dei fiori più usati per il pot pourri.

Nel linguaggio dei fiori e delle piante, nonostante la bellezza dei suoi fiori, la calendula non ha mai perso il suo significato originale e simboleggia ancora oggi il dispiacere, il dolore, le pene d’amore e la gelosia.

 

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